lunedì 21 gennaio 2008

Identikit delle imprenditrici trentine.

di CORONA PERER Pubblico qualificato e ben tre assessori provinciali (Panizza, Berasi e Dalmaso) per ascoltare gli interventi previsti ieri nell'ambito del convegno promosso al Mart per far luce sulla realtà artigianale al femminile. «L'imprenditrice volante, donna tra impresa e famiglia» ha permesso di tracciare l'identikit delle imprenditrici trentine. Ne ha fornito i lineamenti essenziali il progetto Iride condotto in collaborazione con la Facoltà di Sociologia dell'università di Trento. In esso viene descritto lo stato dell'arte raggiunto nel 2006 con gli elementi caratteristici delle imprese avviate nel territorio provinciale e gestite da donne, nonchè i possibili gap del settore. Intanto un dato confortante: le imprese artigiane crescono. Gli anni 2000 continuano a registrare un trend positivo: erano 12.917 nel 2000, nel 2006 erano cresciute dell'8,7%. Sono infatti 14.038 (con un +0,7% nel solo passaggio tra 2005 e 2006). Il 13,17% sono aziende rosa, impiantate o gestite da donne e ben il 49% delle donne artigiane assume cariche di "socia". Hanno in genere tra i 30 e i 49 anni, fascia d'età che registra il maggior numero di imprenditrici (60,7%). Le attività in cui sono maggiormente impegnate sono quelli tradizionali: alimentari (6,9%), servizi alla persona (10,9%), estetica della persona (23,9%). Ma molte donne si stanno impegnando anche nell'edilizia (10,9% a fronte del 35,7% di colleghi maschi), meccanica (sono il 9,7%) e trasporti (6,5%). E' in linea con il trend nazionale anche un dato molto positivo che dice il volto dell'artigiana femminile: il livello di istruzione delle donne è superiore a quello dei colleghi uomini. Dal rapporto emerge che la donna che vuole fare impresa sceglie la forma giuridica della ‘ditta individuale' (72%) preferita alla "snc". Le donne tendono però a fare tutto da sole, o meglio, a farsi in quattro: hanno di solito meno addetti dipendenti dei colleghi imprenditori e in una cosa sono tutte uguale tra loro, ovvero nel desiderio di non compromettere la vita affettiva per il lavoro. Ed è proprio quando si comincia a guardare questo dato - come è stato evidenziato nel corso dei lavori - che vengono a galla i ‘gap'. La donna che non voglia rinunciare alla maternità è infatti inevitabilmente più esposta al rischio impresa. "Il merito del convegno è stato anche di aver fornito una interessante passerella sulle normative italiane ed europee" commenta la presidente delle donne artigiane Maria Rosaria D'Agostino. Dal Belgio arriva la proposta più avanzata: la figura del flying entrepeneur, una sorta di professionista assimilabile alla figura del sostituto temporaneo di impresa la cui azione è quella di affiancare in dati periodi l'imprenditrice in periodi di intenso lavoro o di sostituirsi a lei in casi in cui è impedita, ad esempio una maternità. Un articolo della legge 53 del 2000 consente in Italia una figura analoga, ma le sperimentazioni sono ancora molto limitate. Il rapporto Iride cita un'esperienza portata avanti nel comune di Torino dove la CNA aveva promosso un servizio analogo. Ma è un caso ancora isolato, perché servirebbe anche una banca dati a disposizione degli imprenditori in difficoltà. E dai rappresentanti della Pat unanime il riconoscimento dell'importanza dell'artigianato femminile che è anche un mondo di valori. Perciò va aiutato con politiche sociali e familiari adeguate (Dalmaso). Serve anche maggiore convinzione da parte delle donne (Berasi) ed infine, il settore va aiutato con idonei strumenti finanziari (Panizza). Un ultimo dato riguarda proprio il rapporto col denaro: in questo campo la donna dimostra grande responsabilità e poca propensione al rischio? Le donne richiedono prestiti per importi inferiori rispetto agli uomini con una forte concentrazione di cifre al di sotto dei 10.000 euro. Paura di esporsi o tipica concretezza femminile, resta da chiarirlo. Che sulle donne si possa contare è stata però l'opinione che tutti hanno espresso ieri. Da l'Adige 20/01/2008

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